MARCO TAMBURINI
Frenico (Caligola Records) 2006

1. Cheek to Cheek
2. Dream
3. Frenico
4. Seven Comes Eleven
5. Warm
6. When the Saints Go Marching In
7. Poinciana
8. Lullaby for George Don and Dannie

Marco Tamburini (tromba, flicorno)
Marcello Tonolo (pianoforte)
Cameron Brown (contrabbasso)
Billy Hart (batteria).
Stefano Bedetti (sax tenore)
Michele Polga (sax tenore)
Alessia Obino (voce)

 

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REVIEWS

Disco della piena maturità questo, dopo il pur eccellente «Two days in New York» (Caligola 2048), del trombettista Marco Tamburini. Dopo quattro tour e tre anni di attività continuativa alle spalle il quartetto è diventato ormai un vero gruppo, omogeneo e affiatato quanto basta per far decollare la musica. Misurato ma come sempre efficace l’accompagnamento del pianoforte di Marcello Tonolo, che si conferma anche ispirato compositore, regalando al gruppo una splendida e sognante Dreams, e superlativo il lavoro della prestigiosa coppia ritmica americana, formata dal solido contrabbassista Cameron Brown e da quella fantasiosa macchina da ritmo che risponde al nome di Billy Hart, leggenda vivente della batteria jazz moderna. Si rivelano preziosi e riusciti anche gli interventi dei due giovani tenorsassofonisti ospiti, Michele Polga e Stefano Bedetti, realtà emergenti del movimento jazzistico italiano. Nei loro interventi (due brani ciascuno ed uno, la trascinante Seven comes eleven, standard davvero poco eseguito, in cui i nostri “eroi” dettano con foga, memori delle celebri “battaglie” fra sassofonisti della “swing era”) una tecnica strumentale sopraffina viene arricchita da una già notevole personalità, che li rende già perfettamente riconoscibili. Nel disco quattro composizioni originali si alternano ad altrettanti standard. Oltre al già citato brano di Goodman e Christian, vi sono le originali, coinvolgenti versioni di Cheek to cheek, e When the Saints go marching in, che giocano su sospensioni ritmiche davvero efficaci, e la più moderna Poinciana, standard reso celebre da Ahmad Jamal. Se Warm è quasi un giochino melodico che sta fra Don Cherry e Albert Ayler, ma riportato da Tamburini entro canoni rigorosamente boppistici, il bel brano che dà il titolo all’album si distende in una lunga ed accattivante linea melodica, firmata da Roberto Stefanelli (Frenico dal greco “phren”, visceri e diaframma, dove secondo gli antichi risiedeva l’anima irrazionale ed istintiva dell’uomo), mentre l’ultimo brano originale, che chiude l’album è una deliziosa ballad di Brown, Lullaby for George Don and Denny, che consente al flicorno di Tamburini di prendere un assolo intenso ed ispirato, mostrando come la sua maturazione stilistica si sia ormai completata. Sempre più lontane e sfumate le influenze dei maestri americani, il Nostro è ormai entrato di diritto nell’olimpo dei trombettisti europei d’oggi, e d’ora in poi tutti dovranno tenerne conto.